Antidepressivi: il loro utilizzo sta aumentando esponenzialmente. Secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’incidenza della depressione è aumentata del 20% negli ultimi dieci anni. Nel 2020, sarà la seconda causa di invalidità nel mondo.

Oggi nel mondo soffrono di depressione 322 milioni di persone.
Di pari passo, è aumentato anche l’uso di antidepressivi, prescritti da psichiatri, neurologi e medici di base.

Ma il vero problema legato agli antidepressivi è smettere. Proviamo a capire perché.

Gli antidepressivi servono a guarire?

La risposta è no.
Quando parliamo di antidepressivi, spesso dimentichiamo un concetto fondamentale: per guarire davvero dalla depressione, è necessario che il soggetto impari a rimettersi a guida della propria esistenza, con un’azione che deve partire dal soggetto stesso e non da un altro (ad esempio il medico).

La depressione, infatti, è una patologia del pensiero e in quanto tale non risponde a logiche mediche. Non è il medico a dover intervenire somministrando un farmaco, ma il soggetto stesso, con l’aiuto di un terapeuta a lavorare per ritrovare il proprio gusto verso la vita.

Qual è il ruolo del terapeuta?

È vero, il terapeuta è una figura altra, ma ha una funzione ben diversa da quella del medico. Infatti, il terapeuta non lavora per combattere le cause (che in realtà non ci sono) ma per condurre il paziente a recuperare le redini della propria storia, riappropriandosi della propria competenza smarrita.

La cura psicologica è, in altre parole, finalizzata al recupero, da parte del paziente, della capacità di curare se stesso.

Questa è l’unica vera guarigione.

Nell’uomo non esistono esclusivamente meccanismi biologici

Ricordiamoci che quando parliamo di patologie psichiche, ciò che conta davvero è il pensiero. Il pensiero sano, cioè quel pensiero che sa ritrovare la propria storia e dirigerne le sorti. Perché quella storia può essere conosciuta davvero soltanto dal soggetto interessato.

È importante poi tener presente che ogni individuo è una persona in senso giuridico: possiede, cioè, il diritto di giudicare in maniera esperienziale ciò che gli è gradito e ciò che non lo è. È questo il diritto costituente del piacere nel bambino.

Sarebbe ora di finirla con lo spirito Santo ed eletto, con la fortuna ed il destino!

Qual è dunque il ruolo degli antidepressivi?

Lo psicoanalista non combatte, né rivaleggia con gli antidepressivi.

Anzi il farmaco, a volte utile, permette di sorreggere l’individuo nei momenti più difficili, aiutandolo a cambiare rotta.

È però importante però che il soggetto sia contemporaneamente aiutato, poco per volta e nella giusta misura, ad abbandonare le sue visioni terapeutiche medicali per riuscire ad incontrare se stesso attraverso il transfert con il terapeuta.

Insomma gli psicofarmaci servono a sedare le crisi peggiori, proprio come fa un antibiotico. Ma se l’aspirazione è a guarire davvero, la risposta è in un lavoro di analisi approfondita che porti il soggetto a mettere di nuovo in gioco il proprio pensiero.

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