La sofferenza personale e i costi sociali che devono essere pagati per i disturbi psichici sono incalcolabili. L’insoddisfazione è la condizione necessaria alla psicopatologia per proliferare: produrre dei burattini. Fobia, che vuol dire paura, apparentemente sembrerebbe un immotivato timore per qualcosa che non esiste in quanto oggetto esterno, ma è ben evidente alla persona che soffre a causa dell’enorme dispendio di energia che impiega per evitare l’avvicinarsi della situazione fobica. Il sofferente cerca la difesa, che è sempre inadeguata.Freud ha individuato nel piccolo Hans[1] dei tratti fobici in relazione ai cavalli. Ha scoperto la situazione nevrotica: in particolare nella nevrosi odio e amore sono intrecciati come due falsità separate. Per essere espropriati della norma soggettiva, cioè della propria capacità di scegliere mi piace non mi piace, occorre averne subite: e in questo verso la mamma di Hans ha fatto la sua parte!

Colui che soffre ha l’idea che lavorare o non lavorare comunque stanchi. Questo perché è proprio il lavoro che non si vede che stanca, cioè dover sempre coprire e consumare energie per non sentirsi, per riuscire a tenere sepolto il rimosso per non incontrarsi, per essere ciò che non si è: per non perdere l’amore presupposto, dato per principio assoluto. Per esempio “la madre ama” indipendentemente dagli atti che compie. Nel lavoro analitico si tratta d’imparare a mettere in questione specifici atti che hanno compromesso la soddisfazione del soggetto che vi ha rinunciato in nome di un amore superiore ed astratto.
L’individuo fobico non può sottrarsi volontariamente alla sua paura, sebbene si renda sufficientemente conto dell’irrazionalità e delle sproporzioni che vive nel suo immaginario e che lo obbligano a subire forzature rispetto all’ambiente in cui vive.
Nella nevrosi fobica vi è tanta impotenza che non si riesce a costruire un atto che sia sufficiente a far arrivare il soggetto al suo substrato di salute. Nella nevrosi c’è troppo scarto di emissione tra ciò che il nevrotico pensa e quello che dice.

Un paziente diceva in seduta: parlavo molto da solo e sempre tra me e me. Le cose che contavano non le dicevo mai a nessuno. Per questo il lavoro della mia psicoanalisi è stato così lungo ”.

La liberazione del soggetto è unita e si correla a scelte che sono atti di responsabilità, di imputazione ben precisi . Lo scambio e l’interesse per l’universo passa attraverso il riconoscimento degli errori, verranno i cinesi è una forma linguistica di riconoscimento per auspicare un lavoro di trasformazione, una spinta: da una situazione sociale a circoli chiusi, a ghetti, per passare all’universale, a tutti per ciascuno.

La rimozione ha una precisa sanzione nel ritorno del rimosso: ciò che non riconosco e non esprimo attraverso l’imputazione lo pago subendo delle restrizioni e dei vincoli che non mi permettono di realizzare gli obiettivi che mi soddisfano.
Perché ciò non avvenga la persona dovrebbe possedere la facoltà di non permettere che si faccia in lei irruzione di moti astratti, preconcetti, delle ”ità”: sessualità, istintualità, ecc…
Giacomo Contri nel Pensiero di Natura definisce l’imputabilità:

“Se fosse capace il soggetto di rispondere con una sanzione che fosse il giudizio sulla menzogna dell’Altro, allora non avrebbe bisogno di accollarsi su di sé il peso di una correzione successiva di quell’inganno, di quell’errore in cui è stato indotto.”

Mentalità e correzioni successive: dove è finita la donna nera tra la madonna e S. Girolamo?