Sì, proprio quelle psicopatologie da cui Freud era partito per scoprire la psicoanalisi.
In ogni persona si possono ritrovare dei tratti nevrotici che possono essere curati.
La nevrosi è una difesa il cui errore, riconosciuto, si può correggere. Occorre scendere dalla giostra e trovare un aiuto competente: da soli si resta afferrati all’offesa ed all’inganno ricevuto.
Il nevrotico non riesce a giudicare correttamente: non riesce a trovare il giusto equilibrio tra l’io di sé (un chi non riuscito) e le relazioni con gli altri del proprio universo. Si ritrova sempre in un tempo che non è il suo. Ammira l’altro che ha il proprio, ma non riesce a scendere dalla giostra.
Non si guarisce imparando a mentire, o facendo finta, o prendendo ansiolitici. Occorre rivisitare in prima persona col proprio modo di dire la propria storia. L’impossibilità a concludere in un giudizio, tipica della nevrosi, significa anche impotenza a costituire un atto. Vi è sempre qualche cosa che è lasciato in sospeso, che non può essere colto, afferrato, posseduto, un che di non risolto.
Aggrapparsi alle illusioni per non cadere e ritrovarsi, solo, dall’altra parte.
L’angoscia è svelata in ogni nevrotico: oscilla dall’incapacità di giudicare in che misura la mancata soddisfazione sia imputabile al mancato aiuto dell’altro, oppure alla propria incapacità di giovarsi.
In ogni dove ed in qualunque momento si trattano le nevrosi. E’ luogo di conquista di qualsiasi attività sociale, pratica intellettuale o mediatica. In particolare la nevrosi è divenuta l’affare più importante da sottomettere per la perversione: “fidati, lo dico per il tuo bene!”
Il pensiero della nevrosi, debilitato e affaticato, nel tentativo di sollevarsi dal senso di colpa individuale opprimente e instabile, può cedere facilmente il passo all’incalzare della perversione, mentre la ruota del destino gira ancora.