La caratteristica dominante del disturbo ossessivo è rappresentata da idee ed immagini sempre uguali che si ripetono fino a che la persona non riesce ad averne un insoddisfacente controllo tramite la ritualità. La persona è costretta a mettere in atto comportamenti rifatti molte volte con azioni sia mentali che manuali.
Tali idee sono vissute come molto disturbanti ed intrusive fino a che la persona non è assalita dall’ansia. Mentre sono giudicate, ad un esame superficiale esterno, come disturbi infondati ed insensati. L’ossessivo è preoccupato che alcune sue idee possano diventare pesantemente condizionanti per la sua vita, quindi è costretto a sistemare e risistemare cose, idee, numeri, gesti, posizioni, una infinità di volte.
La persona è subissata da un mare di obbligazioni, di comandi e di sanzioni.
Che cosa comunica l’ossessività?
La questione nodale di questa psicopatologia è l’opposizione al dato incontrovertibile che la vita psichica è sempre vita giuridica, che il pensiero dell’uomo fa diritto. Il massimo della psicopatologia, nella sua stabilità non clinica – la perversione – è ancora nell’ordine dell’opporre un nuovo ordine più stabile e sistemato.
La psicopatologia tende alla dissoluzione di ogni realtà giuridica primaria, e tende a regolare ogni realtà di rapporto attraverso il secondario: vi tende, ma non vi può riuscire.
L’ossessivo non riesce ad ultimare correttamente, come nel detto che il diavolo fa la pentola, ma dimentica il coperchio, l’ossessivo non potrà giungere al successo. Di tempo in tempo l’ossessivo si accorge che il suo ordine non tiene, prima o poi un ambito verrà “a contatto” con un altro e allora sarà l’angoscia della contaminazione e si svilupperà la coazione a controllare e ricontrollare le proprie mosse. Il sintomo ossessivo, con la sua successione di ordini che devono essere obbediti pena lo scatenarsi dell’angoscia, segnala inesorabilmente lo scacco della loro assurdità, perché se ritualmente celebrano l’ossequio al comando allo stesso tempo confermano il giudizio sull’insensatezza del comando come forma di vita possibile.
Ogni strada, ogni sentiero, della via alla salute passa attraverso la consapevolezza della nostra legge pulsionale, che nella malattia viene sistematicamente disattesa per dar spazio ad idee di comando coatto-istintuale paragonati a meccanismi non umani.